A
VITTORIA COLONNA
Michelangelo
Buonarroti
Michelangelo Buonarroti, figlio di Ludovico Buonarroti Simoni e
Francesca di Neri, nasce il 6 marzo del
1475 a Caprese, in provincia d’Arezzo. Detto il Giovane per distinguerlo dal
suo grande zio, si propone il compito di affermare la monumentalità e la
continuità del
patrimonio culturale, specialmente linguistico, toscano e fiorentino.
Michelangelo è stato uno dei più grandi artisti del
Rinascimento italiano. Il suo nome è collegato a una serie di opere che sono il
simbolo dell’arte dell’Italia: il David, la Pietà, il ciclo di affreschi nella
Cappella Sistina.
I primi sonetti sono legati a vari temi coleggati al
suo lavoro artistico, a volte raggiungono il grottesco con immagini e matafore
bizarre. Successivi sono i sonetti realizzati per Vittoria Colonna e per
l’amato Tomaso per Vittoria.
I sonetti più importanti sono: Alla Notte, A
Vittoria Colonna, Epigramma.
E' Michelangelo Buonarroti che dedica questi versi a
Vittoria Colonna, una delle
donne più illustri e colte del Rinascimento, figlia di Agnese di Montefeltro e del principe e condottiero Fabrizio.
Ammirata e stimata
nella società letteraria dell'epoca, divise il suo tempo fra il convento di
Viterbo, dove si dedicò alla poesia e a programmi di rinnovamento religioso, e
Roma, dove, nel 1536, conobbe Michelangelo, che l'amò e al quale fu
legata da una grande affinità spirituale e da una stretta corrispondenza
epistolare pubblicata postuma.
Michelangelo nutrì
sempre una grande ammirazione nei suoi confronti; per lei eseguì diversi
disegni di soggetto religioso, le dedicò varie rime, tra cui un famoso
madrigale, e fu stimolato dal suo esempio ad approfondire la propria fede. Nata
nel 1492 a Marino, sui Colli Albani, feudo della nobile famiglia dei Colonna, Vittoria ricevette una
raffinata educazione improntata agli studi umanistici. Morì a Roma nel 1547,
nel convento delle suore benedettine di Sant’ Anna, dove si era ritirata a
vivere dopo un'esistenza caratterizzata da continue crisi spirituali e
religiose.
Nei sonetti di Vittoria
Colonna si ritrova no dunque le convenzioni della poesia petrarchista.
Il sonetto CLI delle Rime venne scritto per Vittoria Colonna in anni tra il
1538 e il 1541 circa. Per la nobildonna romana Michelangelo scrisse perecchie
poesie, intonate quasi sempre a un forte sentimento della concezione platonica
dell’arte e dell’amore.
La inspirazione di questi sonneti vieni da Vittoria
Colonna, la poetessa de Castello Aragonese: pallida e sognante, con lunghi
capelli raccolti, giovane, vedova, triste.Michelangelo fu legato a Vittoria
Colonna da un profondo legame spirituale: “un uomo, una donna, anzi un Dio”.
Questo sonetto, A Vittoria Colonna,composto di quattro
strofe, e uno degli esempi più notevoli, di queli tuti altri scrisse di
Michelangelo per la nobildonna romana
Vittoria Colonna, dove e presentato il sentimento della concezione platonica dell’arte e dell’amore.
Nella prima strofa, Michelangelo usa
l’arte e la negazione: “non ha l’ottimo artista alcun concetto”. Michelangelo
afferma che un vero artista non ha alcuna concezione, cioè non può immaginare
alcuna forma che non sia già contenuta in un qualsiasi pezzo di marmo, con
tutto il di più che il marmo stesso, ancora grezzo, comporta. E questa forma, bellissima
e perfetta, può essere liberata dal marmo soverchiante grazie alla mano dell’artista,
guidata dall’intelletto che sa vedere la forma nell’informe, l’ordine nel caos.
Dal raffronto, le parole di Plotino
appaiono come una chiara metafora sul lavoro che ogni uomo deve compiere su se
stesso (lo sgrossamento della pietra interiore), mentre quelle di Michelangelo
sembrano alludere all’intima essenza del
lavoro dello scultore.
Nello stesso
ambiente, parlando dell’uomo quale unico intermediario fra la molteplicità
delle cose ed il loro principio, Pico della Mirandola afferma: «… e la sua
libertà gli consente di risalire dagli effetti alla causa, fino ad
identificarsi con la causa prima. Perciò la dignità dell’uomo non ha
eguali ed è pari alla potenza del suo intelletto». Laddove, addensando
col pensiero tutto ciò che nella realtà è separato e disperso, l’intelletto
umano compie un’opera divina.
Nella seconda
strofa possiamo dire che sono cosi positivi e negative. La donna è piena di grazia,
similmente per la morte di Lui e per suo danno; non possegga l’arte di trare
date il bene che disidero.
Nella ultima
strofa ci monstra la sofferenza dentro il cuore di donna, dove non è la sua
colpa se il ingegno scarso di Lui non sa.
La figura e la
produzione poetica di Vittoria
Colonna sono la perfetta espressione del secolo in cui visse; in
connubio profondo di cristianesimo e platonismo, interpretò le esigenze e le
speculazioni degli intellettuali del tempo, e proprio per le sue
postulazioni filosofiche i suoi versi
risultano intrisi di "logicità" piuttosto che di
"passione", con una forza di persuasione che suscitò l'ammirazione
dei contemporanei e che fece ravvisare in lei, da Michelangelo, Un uomo in una
donna, anzi uno dio.
A Vittoria Colonna e un sonetto con la schema rimico ABBA,
ABBA, CDE, CDE. Michelangelo usa l’aggettivi (leggiadra, diva), alcuni verbi al
tempo presente (fuggo, viva, non ha, porti), sostantivi (durezza, fortuna,
destino,sorte, donna, tempo), enumerazione nella ultima strofa( o durezza o
fortuna o gran disdegno del mio mal corpa, o mio destino o sorte) e verbi a
gerundio (ardendo).
Per Michelangelo,
Vittoria Colonna è un ente
divino nell'ordine delle cose (151-153, 236, 239), una eloquenza virile o anche
divino. Lei traspare raramente o semplicemente non esistono.
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