luni, 16 ianuarie 2012

A Vittoria Colonna

A VITTORIA COLONNA
Michelangelo Buonarroti

Michelangelo Buonarroti, figlio di Ludovico Buonarroti Simoni e Francesca di Neri, nasce il 6 marzo del 1475 a Caprese, in provincia d’Arezzo. Detto il Giovane per distinguerlo dal suo grande zio, si propone il compito di affermare la monumentalità e la continuità del patrimonio culturale, specialmente linguistico, toscano e fiorentino.

Michelangelo è stato uno dei più grandi artisti del Rinascimento italiano. Il suo nome è collegato a una serie di opere che sono il simbolo dell’arte dell’Italia: il David, la Pietà, il ciclo di affreschi nella Cappella Sistina.
I primi sonetti sono legati a vari temi coleggati al suo lavoro artistico, a volte raggiungono il grottesco con immagini e matafore bizarre. Successivi sono i sonetti realizzati per Vittoria Colonna e per l’amato Tomaso per Vittoria. I sonetti più importanti sono: Alla Notte, A Vittoria Colonna, Epigramma.

E' Michelangelo Buonarroti che dedica questi versi a Vittoria Colonna, una delle donne più illustri e colte del Rinascimento, figlia  di Agnese di Montefeltro e del principe e condottiero Fabrizio.
Ammirata e stimata nella società letteraria dell'epoca, divise il suo tempo fra il convento di Viterbo, dove si dedicò alla poesia e a programmi di rinnovamento religioso, e Roma, dove, nel 1536, conobbe Michelangelo, che l'amò  e al quale fu  legata da una grande affinità spirituale e da una stretta corrispondenza epistolare pubblicata postuma.
Michelangelo nutrì sempre una grande ammirazione nei suoi confronti; per lei eseguì diversi disegni di soggetto religioso, le dedicò varie rime, tra cui un famoso madrigale, e fu stimolato dal suo esempio ad approfondire la propria fede. Nata nel 1492 a Marino, sui Colli Albani, feudo della nobile famiglia dei Colonna, Vittoria ricevette una raffinata educazione improntata agli studi umanistici. Morì a Roma nel 1547, nel convento delle suore benedettine di Sant’ Anna, dove si era ritirata a vivere dopo un'esistenza caratterizzata da continue crisi spirituali e religiose.

Nei sonetti di Vittoria Colonna si ritrova no dunque le convenzioni della poesia petrarchista. Il sonetto CLI delle Rime venne scritto per Vittoria Colonna in anni tra il 1538 e il 1541 circa. Per la nobildonna romana Michelangelo scrisse perecchie poesie, intonate quasi sempre a un forte sentimento della concezione platonica dell’arte e dell’amore.
La inspirazione di questi sonneti vieni da Vittoria Colonna, la poetessa de Castello Aragonese: pallida e sognante, con lunghi capelli raccolti, giovane, vedova, triste.Michelangelo fu legato a Vittoria Colonna da un profondo legame spirituale: “un uomo, una donna, anzi un Dio”.
Questo sonetto, A Vittoria Colonna,composto di quattro strofe, e uno degli esempi più notevoli, di queli tuti altri scrisse di Michelangelo per la nobildonna  romana Vittoria Colonna, dove e presentato il sentimento della concezione  platonica dell’arte e dell’amore.
Nella prima strofa, Michelangelo usa l’arte e la negazione: “non ha l’ottimo artista alcun concetto”. Michelangelo afferma che un vero artista non ha alcuna concezione, cioè non può immaginare alcuna forma che non sia già contenuta in un qualsiasi pezzo di marmo, con tutto il di più che il marmo stesso, ancora grezzo, comporta. E questa forma, bellissima e perfetta, può essere liberata dal marmo soverchiante grazie alla mano dell’artista, guidata dall’intelletto che sa vedere la forma nell’informe, l’ordine nel caos.
Dal raffronto, le parole di Plotino appaiono come una chiara metafora sul lavoro che ogni uomo deve compiere su se stesso (lo sgrossamento della pietra interiore), mentre quelle di Michelangelo sembrano alludere all’intima essenza del lavoro dello scultore.
Nello stesso ambiente, parlando dell’uomo quale unico intermediario fra la molteplicità delle cose ed il loro principio, Pico della Mirandola afferma: «… e la sua libertà gli consente di risalire dagli effetti alla causa, fino ad identificarsi con la causa prima. Perciò la dignità dell’uomo non ha eguali ed è pari alla potenza del suo intelletto». Laddove, addensando col pensiero tutto ciò che nella realtà è separato e disperso, l’intelletto umano compie un’opera divina.
Nella seconda strofa possiamo dire che sono cosi positivi e negative. La donna è piena di grazia, similmente per la morte di Lui e per suo danno; non possegga l’arte di trare date il bene che disidero.
Nella ultima strofa ci monstra la sofferenza dentro il cuore di donna, dove non è la sua colpa se il ingegno scarso di Lui non sa.
 
La figura e la produzione poetica di Vittoria Colonna sono la perfetta espressione del secolo in cui visse; in connubio profondo di cristianesimo e platonismo, interpretò le esigenze e le speculazioni degli intellettuali del tempo, e proprio per le sue postulazioni  filosofiche i suoi versi risultano intrisi di "logicità" piuttosto che di "passione", con una forza di persuasione che suscitò l'ammirazione dei contemporanei e che fece ravvisare in lei, da Michelangelo, Un uomo in una donna, anzi uno dio.

A Vittoria Colonna e un sonetto con la schema rimico ABBA, ABBA, CDE, CDE. Michelangelo usa l’aggettivi (leggiadra, diva), alcuni verbi al tempo presente (fuggo, viva, non ha, porti), sostantivi (durezza, fortuna, destino,sorte, donna, tempo), enumerazione nella ultima strofa( o durezza o fortuna o gran disdegno del mio mal corpa, o mio destino o sorte) e verbi a gerundio (ardendo).

Per Michelangelo, Vittoria Colonna è un ente divino nell'ordine delle cose (151-153, 236, 239), una eloquenza virile o anche divino. Lei traspare raramente o semplicemente non esistono.

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